Il Mandato d’Arresto Europeo MAE

24 Ottobre 2019 Off Di supportolegale
9 ottobre 2019 Mandato d’Arresto Europeo

Traduzioni e diffusioni a cura di http://www.sosteniamovincenzo.org/

Come il MAE incancrenisce le libertà fondamentali : il caso Vincenzo Vecchi

1/ Presentazione del MAE

    1. Riconoscimento reciproco e cooperazione legale

Il Mandato d’Arresto Europeo MAE nasce da una decisione quadro del Consiglio dell’UE del 13 giugno 2002. E’ una procedura giudiziaria transfrontaliera semplificata per la consegna a fini di azione giudiziaria penale o dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privativa della libertà. Un mandato emesso da un’autorità giudiziaria di un paese dell’unione europea è valido in tutto il territorio dell’UE.

Il meccanismo del MAE si basa sul riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie, sulla reciproca fiducia e sulla leale cooperazione all’interno dei paesi dell’Unione Europea.

« Questa procedura giudiziaria si appoggia sul fatto che l’UE si è posta il compito di istituire uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, nel rispetto dei diritti fondamentali ed accettando così gli obblighi positivi che ha il dovere di adempire (…) e che, affinchè sia efficacie

il principio del riconoscimento reciproco, deve basarsi sulla fiducia reciproca che può essere raggiunta solo se è garantito il rispetto dei diritti fondamentali degli indagati e degli imputati, con il rispetto dei diritti procedurali nei procedimenti penali che sono garantiti in tutta l’Unione » (Legge quadro 2002).

Il meccanismo del mandato d’arresto europeo è operativo dal 1 gennaio 2004 e si sostituisce alle procedure d’estradizione. Per fare ciò, una revisione costituzionale in Francia del 25/03/03 consente l’applicazione del MAE e cancella il principio fondamentale secondo il quale la Francia si riserva il diritto di rifiutare l’estradizione per reati politici all’interno dell’UE.

In questo contesto, per 32 categorie di reati (tra cui terrorismo, partecipazione a organizzazioni criminali, tratta di esseri umani, sfruttamento sessuale di minori e pornografia minorile, traffico di stupefacenti, corruzione, contraffazione…) non c’è bisogno di verificare se l’atto in causa costituisce un reato penale nei paesi interessati dal MAE. [Manuale sull’emissione ed esecuzione del MAE del 28/09/2017]

    1. Doppia incriminazione stabilita sulla base del diritto penale comparato

Per gli altri reati l’atto in causa deve costituire un reato nel paese d’esecuzione al momento del reato (principio della doppia incriminazione).

« Il paese di esecuzione deve verificare che gli elementi concreti alla base del reato, come indicato nella sentenza pronunciata dall’autorità competente dello Stato di emissione, siano verificati in quanto tali, nell’ipotesi in cui si siano prodotti sul territorio del paese d’esecuzione, passibile di una sanzione penale in quel territorio ».

    1. La carta dei diritti fondamentali dell’UE

Peraltro, la decisione legale non può essere in conflitto con le norme relative ai Diritti dell’Uomo, come definite dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, carta che è diventata vincolante per gli stati UE dopo il trattato di Lisbona del 2007.

A questo proposito va notato che la fiducia reciproca tra gli Stati può essere ottenuta solo garantendo all’interno dell’Unione il rispetto dei diritti fondamentali degli indagati e degli imputati così come il rispetto dei diritti procedurali nei procedimenti penali.

Tuttavia sono sorti dei problemi, alcuni dei quali sono specifici alla decisione quadro e derivano dalle sue lacune, come la mancanza di riferimenti espliciti a garanzie dei diritti fondamentali o al controllo della proporzionalità, o della sua attuazione incompleta ed incoerente. Altri problemi sono comuni a tutti gli stumenti di riconoscimento reciproco in ragione di un’esecuzione incompleta e sbilanciata dello spazio della giustizia penale dell’Unione. (cf. Rapporto commissione delle libertà 01-2014)

Se, come rilevato dalla commissione per la revisione del MAE del gennaio 2014, esistono numerose e notevoli preoccupazioni, molti trovano la loro origine nella progettazione della decisione-quadro seppur definita una colonna portante.

In effetti per ragioni legate al contesto politico segnato dall’aumento del terrorismo (2001) ma anche da altri fattori come la durata dei procedimenti d’estradizione…la decisione quadro del 2002 relativa al MAE s’è integralmente inscritta in un’elaborazione di politiche giudiziarie europee per la cooperazione procedurale piuttosto che d’armonizzazione del diritto penale su scala europea.

I pilasti fondamentali del MAE sono fragili sotto numerosi aspetti nel caso di Vincenzo Vecchi.

2/ Il caso di Vincenzo Vecchi e la legge Rocco

Giovedì 8 agosto 2019 Vincenzo Vecchi, che vive da 8 anni a Rochefort-en-Terre nel Morbihan, ben integrato nella vita locale, viene arrestato dalla polizia. Il suo arresto ha luogo sotto un mandato di arresto europeo. Viene portato al centro di detenzione di Vezin le Coquet, vicino a Rennes, per una procedura di espulsione verso l’Italia.

Il signor Vecchi aveva partecipato nel 2001 alla manifestazione di Genova contro il G8, e nel 2006 a una contro-manifestazione antifascista non autorizzata a Milano. Va anche ricordato che, secondo la legge Scelba, la cosiddetta manifestazione « ufficiale » di Milano, organizzata quel giorno stesso dal partito di estrema destra « Fiamma Tricolore », avrebbe dovuto essere impedita per apologia di fascismo.

A Genova numerosi manifestanti sono stati arrestati (più di 600 arresti) e dieci persone sono state condannate, come esempio, a pene pesanti da 8 a 15 anni. Queste condanne sono state pronunciate sotto il capo di imputazione di « devastazione e saccheggio », imputazione del codice penale italiano, il codice Rocco, introdotto dal regime fascista nel 1930 e risvegliato per la prima volta per delle manifestazioni in occasione del processo di Milano e di Genova per giustificare la repressione eccessiva (processo di Milano che ha avuto luogo prima di quello di Genova anche se gli avvenimenti sono avvenuti in ordine inverso).

Va notato che nel 2001 i reati utilizzati per condannare Vincenzo Vecchi con l’accusa di «devastazione e saccheggio » in base al principio della doppia accusa non esistevano nel diritto francese.

2.1 La legge Rocco: concorso morale e devastazione e saccheggio

In effetti gli elementi del codice Rocco impiegati (concorso morale e devastazione e saccheggio) sono stati inscritti nella legge per far fronte a crimini di guerra o a situazioni insurrezionali. Va notato che questa legge collega intimamente le due accuse nella misura in cui si basa sulla responsabilità collettiva, il reato di devastazione e saccheggio non è necessario che sia dimostrato.

Questa concezione della giustizia si oppone alla Carta dei diritti fondamentali dell’UE e alle concezioni comuni della maggior parte delle disposizioni penali dei paesi dell’UE per le quali la colpevolezza si basa sull’esistenza di prove concrete e sulla responsabilità individuale.

In pratica questa legge è stata usata pochissimo dal periodo fascista e mai per delle manifestazioni prima di quelle di Milano e Genova.

Dopo Milano e Genova l’uso dell’accusa di « devastazione e saccheggio » è diventato più frequente: nel 2008 a Bari, in Sicilia e a Milano; nel 2011 a Roma (ancora in corso) ; nel 2015 a Cremona e in occasione del corteo del 1° maggio a Milano dove 4 persone stanno aspettando l’inizio del processo.

L’applicazione del codice Rocco si traduce in pene molto pesanti per i manifestanti. Così «i dieci di Genova», tra cui Vincenzo Vecchi, sono stati condannati a pene aberranti : per Vincenzo Vecchi una pena di 12 anni e 6 mesi ! Di fronte a questa pena sproporzionata ed ingiusta e tenendo conto della differenza di trattamento tra i manifestanti accusati e gli ufficiali di polizia accusati (questi ultimi sono stati condannati ma non hanno mai estinto la pena), ha deciso di scappare a questa condanna e si è rifugiato in Francia.

2.2 L’assenza di equità giudiziaria

Va notato come la mancanza di equità giudiziaria tra i manifestanti condannati (danni alla proprietà) e gli ufficiali di polizia condannati (danni alle persone) sia indice di un indebolimento dei valori dello stato di diritto (la nozione di stato di diritto implica il primato del diritto sul potere politico, l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge e il rispetto della Costituzione per la legge) e va notato come entri in profonda contraddizione con la Carta dei diritti fondamentali dell’UE e con le opinioni della Corte di Giustizia europea.

Noi sottolineiamo che il Mandato d’Arresto Europeo (MAE) relativo a Genova è ancora ad oggi incompleto e inconsistente, come è stato riconosciuto a Rennes dalla Corte, dall’avvocato generale e dagli avvocati della difesa durante le udienze del 14 e del 23 agosto (richiesta di informazioni supplementari da parte del paese che ha emesso il MAE).

In quanto al MAE che concerne Milano, quest’ultimo non poteva nemmeno essere emesso dalla giustizia italiana in quanto, come hanno palesato gli avvocari italiani, Vincenzo Vecchi ha già scontato quella pena (o meglio, un MAE non può essere richiesto per una pena già scontata).

La giustizia italiana al momento dell’emissione di quel MAE non poteva dunque ignorare la decisione della Corte d’appello di Milano del 9 gennaio 2009 che certifica l’esecuzione della pena per i presunti fatti del 2006. La giustizia italiana ha dunque consapevolmente mentito sulla reale situazione di Vincenzo Vecchi e ha dato prova di slealtà nei confronti della giustizia francese, cosa che mette in discussione la « fiducia reciproca » tra i giudici del MAE.

3/ Il MAE fuorviante – attacco alla Carta dei diritti fondamentali dell’UE

Nei fatti l’uso, prima a Milano poi a Genova, della legge Rocco e del concetto di « concorso morale » per gli avvenimenti, consente di punire con l’accusa di « devastazione e saccheggio » la semplice presenza o la partecipazione a delle manifestazioni con pene di prigione molto pesanti (da 8 a 15 anni) senza dover dimostrare la colpevolezza degli accusati.

Dobbiamo notare i seguenti malfunzionalmenti :

violazione delle libertà individuali e della presunzione di innocenza

Il concetto di « concorso morale » attraverso il suo approccio collettivo introduce una violazione delle libertà individuali in contrasto con la Carta dei diritti fondamentali dell’UE, ma anche una mancanza di presunzione di innocenza che entra in contraddizione con l’articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE così come con l’articolo 6 § 2 della CEDU che integra espressamente la presunzione di innocenza come principio generale della procedura penale.

principio di legalità

L’accusa di « devastazione e saccheggio » e le pesanti pene che gli sono associate sono direttamente collegate all’uso del « concorso morale » durante la manifestazione di Genova del 2001 (e a Milano nel 2006). Quest’accusa non poteva essere conosciuta nè dai cittadini nè dai cittadini manifestanti in quanto questa legge non era più stata utilizzata, non era più in uso in Italia dal periodo fascista per delle manifestazioni.

Ancora una volta, le accuse violano l’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE in cui si afferma che « nessuno può essere condannato per un atto o un’omissione che, nel momento in cui è stato commesso, non costituiva un reato per il diritto nazionale ed internazionale », ciò significa che la legge deve essere certa e verificabile (principio di legalità).

– principio di proporzionalità

In ultimo luogo, le pene detentive inflitte per « devastazione e saccheggio » sono molto pesanti (12 anni e 6 mesi per Vincenzo Vecchi per gli eventi di Genova) e contravvengono all’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (principio di proporzionalità) che afferma che «l’intensità delle condanne non deve essere sproporzionata rispetto al reato », come sancito dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia della comunità. In Francia, per esempio, pene così elevate sarebbero inflitte per un omicidio.

Questi elementi mostrano che il mandato d’arresto europeo per Vincenzo Vecchi, in merito alla sentenza per gli avvenimenti di Genova e alla decisione della Corte di Cassazione del 2012 contravvengono notevolmente ai punti centrali delle disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

La giustizia italiana non poteva ignorarlo, dato che l’Italia è firmataria del trattato di Lisbona del 2007 dove questa Carta dei diritti umani fondamentali dell’UE è diventata vincolante.

3.1 Contestualizzazione del processo di Genova

Questa situazione ci porta quindi a chiederci su queste basi oggettive che il MAE contro Vincenzo Vecchi per i fatti di Genova sia ritirato, mentre quello che concerne Milano non è già più valido dal momento che la pena è già stata estinta.

Non possiamo ignorare, peraltro, che alla manifestazione di Genova la repressione poliziesca è stata condannara dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) : alcuni autori delle violenze poliziesche contro i manifestanti non sono stati perseguiti o, quelli che lo sono stati, non hanno scontato ad oggi alcuna pena. Eppure quella repressione poliziesca aveva condotto a trattamenti disumani e degradanti nei confronti dei manifestanti, a margine del vertice.

Secondo la CEDU questi trattamenti sono equiparabili a degli « atti di tortura ». Cosa che, ovviamente, mette in dubbio la legittimità della sentenza, le pene di detentive richieste e quelle subite da parte dei manifestanti.

Come abbiamo già sottilineato, tutte le componenti della situazione che ha portato al processo di Genova e alla condanna di Vincenzo Vecchi, così come alla decisione della Corte di Cassazione del 2012, sono contrassegnate da una negazione democratica così potente che mette in discussione lo stato di diritto e le derive di un paese che è stato uno dei paesi fondatori dell’UE:

– l’uso di una legge fascista liberticida che dichiara in anticipo tutti i manifestanti colpevoli e introduce un attacco alle libertà individuali,

– l’assenza della presunzione d’innocenza che è, tuttavia, un principio generale di procedura penale

– la sproporzione delle pene inflitte in riferimento alle consuetudini giuridiche della maggior parte dei paesi dell’UE che, inoltre, si combina con un trattamento giudiziario iniquo tra i manifestanti condannati e i funzionari di polizia condannati

– tutte queste componenti dei processi di Milano e di Genova sono in contraddizione con la Carta dei diritti fondamentali dell’UE che si impone tuttavia in UE.

3.2 Imparzialità tra il sistema giudiziario e il potere politico ?

Il mandato d’assesto europeo è uno strumento di procedimento giudiziario penale che punta a dare priorità all’analisi puramente giuridica di un reato o di un crimine rispetto a tutte le considerazioni politiche.

La situazione sopra menzionata sollava la questione di cosa può accadere a tale mandato se l’indipendenza dell’autorità giudiziaria è messa in discussione dall’esecutivo in un paese dell’Unione Europea ?

Pertanto, un numero consistente di MAE emessi dalla Romania (reato di corruzione…), ma anche da altri paesi, dimostra che l’imparzialità richiesta tra il sistema giudiziario e il potere politico, che è una delle condizioni cardine per un funzionamento legale del MAE, è sbagliata (questa « non lealtà » e le conseguenti violazioni dei diritti fondamentali europei, sono particolarmente messi in evidenza dall’ong Fair Trials, dall’ong Human Rights Without Frontiers e dalla Corte di Giustizia europea).

La legittimità di tutte le richieste avanzate da questi paesi e le loro motivazioni sono discutibili: siamo totalmente dentro una logica giudiziaria di diritto comune o si cerca di utilizzare uno strumento procedurale per scopi almeno parzialmente politici ?

Dovremmo considerare l’Italia inseribile in questo complesso con l’emissione di questi mandati europei su Milano e Genova. ?

Alla luce di tutte le smentite della democrazia, del rifiuto delle regole giudiziarie comuni per la maggior parte dei paesi dell’UE e della mancanza di rispetto dei diritti fondamentali dell’UE con il processo di Genova, ci sembra proprio che l’Italia abbia utilizzato lo strumento procedurale del MAE verso Vincenzo Vecchi con finalità politiche.

Ciò è confermato dal MAE contro Vincenzo Vecchi su Milano (numerosi giudici avevano rifiutato già all’epoca il dossier del processo) che si rivela essere una « monipolazione grossolana » :

– quest’ultimo ha già scontato la pena e un MAE non può essere emesso per una pena già scontata

– la giustizia italiana non poteva dunque ignorare la decisione della corte d’appello di Milano del 9 gennaio 2009 che certifica l’esecuzione della pena per i presunti fatti del 2006.

4/ La revisione del mandato d’arresto europeo

La situazione presentata precedentemente conferma pienamente una parte dei motivi di preoccupazione della commissione per la revisione del MAE di gennaio 2014 di cui possiamo estrapolare qualche elemento :

L’assenza nella decisione-quadro 2002/584/JAI e negli altri strumenti di riconoscimento reciproco di un motivo esplicito di rifiuto laddove sussistano gravi motivi per ritenere che l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo sarebbe incompatibile con gli obblighi dello Stato membro di esecuzione ai sensi dell’articolo del trattato dell’UE e della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (« la Carta »).

L’assenza nella presente decisione-quadro e negli altri strumenti di riconoscimento reciproco di una disposizione sul diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta, che deve essere disciplinata dalla legislazione nazionale, dà origine a insicurezza e pratiche divergenti da uno Stato membro all’altro.

L’assenza di un diritto a un ricorso effettivo, conformemente alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), come il diritto di presentare ricorso contro la richiesta applicazione di uno strumento di riconoscimento reciproco nello Stato d’esecuzione e il diritto della persona ricercata di impugnare in giudizio qualsiasi inosservanza da parte dello Stato di emissione delle garanzie fornite allo Stato di esecuzione.

Questa commissione raccomanda anche « il ritiro del MAE e delle relative relazioni…per ragioni convincenti, per esempio in ragione del principio ne bis in idem (nessuno può essere perseguito o punito penalmente per gli stessi fatti « che è il caso del MAE di Milano ») o violazione o incompatibilità con gli obblighi in materia di diritti umani ».

Le proposte di revisione del MAE, le « disfunzioni » risultanti da questa analisi della commissione per la revisione del MAE del gennaio 2014, sono state anche ampiamente riviste al ribasso dal Parlamento europeo : nè inclusione nella decisione quadro di un espresso motivo di rifiuto, nè quello relativo al diritto di ricorso sono stati incorporati dal Parlamento. La revisione del MAE, « svuotato della sua sostanza », può pertanto essere ampiamente adottata (495 voti a favore, 51 contrari e 11 astensioni).

A questa data l’unica evoluzione della guida del MAE (2017 contro 2014) riguarda il caso dell’ergastolo che può dare luogo, dopo un certo tempo, al diritto di chiedere una revisione. Ad oggi le altre raccomandazioni sembrano essere rimaste lettera morta…

Aggiungeremo a questi consigli:

– la necessità di un’autentica, indipendente revisione preventiva della procedura ai sensi del MAE che assicuri il funzionamento di questo mandato e che vada oltre il credo della necessaria fiducia reciproca e cooperazione tra le giustizie dei due Stati che sembra a volte- o troppo spesso?- fallita.

– e nel caso in cui il paese che esegue il MAE rompa la procedura, la possibilità che questo sviluppo sia esteso a tutti gli Stati dell’UE come uno degli elementi di fiducia reciproca e cooperazione tra le giustizie dei paesi dell’UE.

Infine, alla luce di questi problemi posti dal MAE, che può ovviamente riguardare il MAE che possiamo definire « politico », in cui la doppia incriminazione resta l’unico aspetto che può condurre all’annullamento del mandato, la Corte di giustizia europea ha pronunciato 4 sentenze (C-216/18 PPU ; C-268/17 ; C-220/18 PPU ; C-327/18 PPU) introducendo il concetto di « circostanze eccezionali ».
Queste circostanze eccezionali possono essere utilizzate come motivo di rifiuto per ostacolare l’esecuzione di un MAE e si appoggiano sui fallimenti sistemici o diffusi delle condizione di detenzione dei paesi d’emissione. I giudici nazionali sono incaricati di verificare i rischi insorti nella persona in seguito a trattamenti inumani o degradanti.

5/ Criminalizzazione dei movimenti sociali e prigionieri politici invisibili

Alla fine, e al di là della profonda slealtà dei MAE emessi dalla giustizia italiana su Milano e Genova, Vincenzo Vecchi, come gli altri dieci di Genova e quelli di Milano, è un prigioniero politico condannato, senza che la giustizia italiana abbia avuto bisogno di provare la sua colpevolezza, a delle pene sproporzionate e, di fatto, illegali poiché non ha rispetto delle procedure giudiziarie comuni e della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

Questa osservazione non può essere considerata un’eccezione e deve essere vista in relazione al crescente sviluppo di una tendenza a giudicare i movimenti sociali.

In effetti in un’Unione Europea che prima degli anni 2000 non poteva considerare, data l’esistenza di sistemi democratici, l’esistenza di prigionieri politici al suo interno, la situazione attuale mostra un chiaro cambiamento. L’attuale situazione politica nei paesi dell’UE è caratterizzata dall’aumento di regimi autoritari e populisti, nonchè dalla crescita di disposizioni liberticide nelle leggi comuni e nei codici penali di numerosi paesi dell’UE :

– l’Ong Fair Trials, sostenuta dalla Commissione Europea, spiega che « ogni giorno attraverso l’Europa i diritti più elementari vengono violati nei commissariati, nei tribunali e nelle prigioni »

– in Italia, dopo Milano e Genova, le condanne per “devastazione e saccheggio” sono in aumento per gli atti più minimi durante le manifestazioni

– in Francia gli orientamenti liberticidi del governo, che iniziano a essere stabiliti con il diritto del lavoro e quindi molto prima della “legge anti-casseur del 2019”, ma anche il comportamento delle forze di polizia nelle manifestazioni completamente legali, ci fa temere uno sviluppo ancora maggiore di questa “giudicizzazione” e “criminalizzazione” dei movimenti sociali ma anche di semplici manifestazioni.

Questi sviluppi in un certo numero di paesi dell’UE possono solo portare ad un aumento del numero di prigionieri « politici » invisibili nell’area dell’UE, poichè vengono processati per tutti altri motivi e di questi un certo numero sarà costretto alla clandestinità.

Il comitato di sostegno a Vincenzo Vecchi